Mozart il Magnifico, 𝐒𝐢𝐧𝐟𝐨𝐧𝐢𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐜𝐞𝐫𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐤 𝟐𝟗𝟕/𝐛, Giuseppe Contaldo, oboe

“Mozart è più che un genio….è Mozart”. Con questa battuta che sembra una tautologia Giuseppe Contaldo, oboe della Oles, definisce il grande di Salisburgo. Sarà lui l’oboe che dialogherà con l’orchestra e gli altri solisti nella stupenda Sinfonia Concertante 𝐊 𝟐𝟗𝟕𝐛 che la Oles proporrà il 24 maggio al Comunale di Galatone e poi il 25 maggio al Paisiello a Lecce.

Giuseppe Contaldo è uno dei volti storici di questa Orchestra ma anche, cosa non secondaria, lo è dal  primo germe dell’ Orchestra della città, dagli anni in cui Carlo Vitale riuscì a costruire la prima struttura, divenuta poi Istituzione Concertistica , sino alla storia ultima, quella dell’Orchestra Sinfonica di Lecce e del Salento. E a questa è legato dal sentimento profondo di chi vede che alcune cose possono avere una storia importante e che la differenza la fa chi crede in quella storia.  “Questo percorso è stato una sorta di miracolo – dice – Una orchestra sinfonica per una cittadina con soli centomila abitanti è stato qualcosa di eccezionale, al di là delle dimensioni della stessa che, nel momento topico, poteva forse fare qualcosa in più per proteggere una risorsa che non doveva e non deve andare comunque perduta”.

Giuseppe Contaldo…voleva essere un pianista: “Il pianoforte rimane il mio sogno irrealizzato, sono oboista per caso” scherza, ma scherzando dice una verità: “Negli anni ’70 non era facile entrare in Conservatorio, io avrei studiato pianoforte ma poiché non c’era spazio mi hanno accettato ma collocandomi in altro strumento, l’oboe appunto. Ha visto che sono oboista per caso?” continua con la battuta, ma confessa: “Ho accettato perché ci tenevo moltissimo, non volevo restar fuori e quindi è iniziata questa avventura ma alla fine è stata la mia strada. Mi sono legato a questo strumento così versatile e bello”.

A 14 anni, bisogna riconoscere, questo è un pensiero complesso,: accettare qualcosa che non è esattamente quello che vogliamo pur di fare un percorso e  non abbandonarlo,;  comprendere quindi la necessità di essere flessibili. A 21  anni il nostro conclude questa prima parte del percorso ma che prima del diploma già viene chiamato a suonare in compagini importanti: dall’81 al ’90 decide di andar via da Lecce: va a Milano dove studia anche con  Piergiorgio Morandi;  inizia la collaborazione con il Tempio della Musica in Italia, la Scala; poi Il Teatro Massimo di Palermo, dove viene chiamato ed è subito primo oboe. “Se fossi rimasto a Palermo non mi sarebbe dispiaciuto ma negli anni ’90 sono rientrato qui, nel Salento. Purtroppo per noi Salentini è così, rientrare per noi appare inevitabile. Del resto avrei avuto  la possibilità di continuare a fare quello che mi piaceva fuori ma ho deciso di rientrare. Ho sostenuto la selezione e sono stato subito preso in quel primo germe di questa Orchestra”. Possiamo quindi, a giusto titolo, definire Giuseppe Contaldo uno dei decani della compagine.  Il suo, lo dimostrano le scelte, è un carattere deciso e quando gli chiediamo se poi la passione per il pianoforte è stata soddisfatta senza esitazioni risponde: “No, assolutamente. Non avrei potuto contaminare più lo strumento che ormai significava la mia quotidianità. Non meritava attenzioni secondarie!”. Una dichiarazione d’amore! diremmo. In realtà continua dicendo che renderebbe “obbligatorio lo studio del pianoforte per tutti, perché è altamente formativo dal punto di vista armonico perché è importante formarsi su uno strumento polifonico. Di questo sempre più mi sono convinto negli anni. E’ come uno che per parlar davvero bene l’italiano studi attentamente il latino. Il pianoforte è il latino della musica”.

Ma questa affermazione non è un tradimento, anzi: “Man mano che andavo avanti nello studio e conoscenza dell’oboe sempre più ho apprezzato quello che da ragazzo non avevo capito: la vocalità dello strumento. Con l’oboe è possibile realizzare la messa in musica della voce. Alla fine mi ha gratificato utilizzare la voce non naturale dell’oboe esattamente come un cantante può utilizzarla.

Ci sono pagine importanti in tutti gli autori che hanno utilizzato la sua ‘voce’ per sottolineare momenti topici delle loro partiture proprio perché ha mille possibilità timbriche: da quelle drammatiche a quelle comiche, perché ha la flessibilità della voce umana e si esprime con la stessa interiorità. Questo è il motivo per cui non ci sono due oboisti che interpretino l’oboe allo stesso modo. Ci sono sempre peculiarità riconoscibili di chi lo suona, perché molto si può caratterizzare”.

 

Infine il rapporto con Mozart. Contaldo con grande onestà dice “E’ arrivato tardivo. Da ragazzo, con lo spirito polemico tipico di quell’età, non era Mozart il mio preferito. Mi sembrava musica civettuola, non sembri blasfemo. Certe cose si capiscono dopo. Io adolescente ascoltavo Stravinsky e i moderni in generale, Mozart da ragazzo lo consideravo ‘semplice’. Un assurdo! Con il tempo ho capito che semplicemente  trascende concetti terreni. Non ci si spiega come un cervello umano riesca a partorire tanta bellezza in modo così, solo apparentemente, semplice. Questa mente sembra avesse qualcosa in sé di già scritto e perfetto. Mozart ha avuto la chiave per qualcosa di sublime che si capisce solo con la maturità.  Brahms è certamente un genio, ma si tratta , rispetto a Mozart, di abilità molto elaborate. In Mozart tutto fluisce con naturalezza, e quando si sente qualcosa che venga da quella penna è come bere un bicchiere di acqua fresca in una giornata di calura.  Mozart non era un genio ….era Mozart, in lui  la natura ha fatto qualcosa di assolutamente inspiegabile con la razionalità”. Infine Giuseppe Contaldo parla della Sinfonia Concertante K 297/b:

“Il nostro concerto è molto bello, l’oboe ha dei camei. Sarà da apprezzarsi in questa partitura esattamente tutto quello che troviamo nella produzione del grande autore:  musica straordinaria sorprendente e  irripetibile in una architettura dove la assoluta semplicità lineare è manifestazione di una genialità senza paragoni” (a cura di ComunicazioneOles)