Vito Paternoster, il percorso straordinario di un Direttore che vive il cuore della Musica
E’ nato a Matera il giorno di Natale, il 25 dicembre del 1957. Vito Paternoster è certamente un talento poliedrico nella direzione d’orchestra, nella concertazione di opere, nella prassi esecutiva filologica del violoncello e della composizione.
Noto per il suo virtuosismo, il Maestro, conductor della OLeS in occasione del concerto del 17 novembre, ha conquistato pubblico e critica da subito. Nino Rota ne ha coltivato in conservatorio a Bari il precoce talento e ne ha stimolato il debutto a soli 15 anni in sale prestigiose – a Milano per la “Piccola Scala”; a Venezia per la Fondazione Levi; a Roma accompagnato dall’Orchestra “I Concerti dell’Arcadia” diretta da Riccardo Chailly – per poi affidarlo ad Amedeo Baldovino, sua guida fino al diploma conseguito con il massimo dei voti a Roma al Conservatorio di S. Cecilia. E’ stato questo l’avvio di una carriera straordinaria e interessante. Paternoster ha studiato con illustri maestri, come Francesco D’Avalos per la composizione e Franco Ferrara per la direzione, costruendo così le fondamenta per un futuro sinfonico di straordinario successo nel panorama artistico italiano.
Maestro il programma che viene presentato nel concerto del 17 novembre è particolare…
“Sì, ha ragione è il distintivo con cui la OLeS ha deciso di aprire alla esecuzione della produzione non solo moderna ma anche Pugliese. Partiamo dalla considerazione che possiamo distinguere in questo periodo di produzione musicale due periodi. Un primo nel quale troviamo gli autori più importanti del dopoguerra italiano e un secondo periodo nel quale troviamo i giovani che hanno raccolto la loro eredità. Un punto di svolta nella musica, in generale, è certamente rappresentato dalla dissoluzione del sistema tonale: si fa riferimento per un primo filone a Schoenberg – come corrispondenza nell’arte pittorica, per avere una immagine immediata, possiamo ricordare tutte quelle correnti che abbandonano il concetto di comunicazione per concentrarsi su un linguaggio intellettualistico inteso anche come strumento di protesta contro il sistema borghese – e per un secondo filone a Stravinsky che, pur rompendo con il sistema tonale di cui abbiamo detto prima, conserva un legame con la musicalità popolare. Siamo nell’Europa che si avvia a grandi passi negli anni ’10 del Novecento verso la disgregazione che troverà compiuta realizzazione nella I guerra mondiale. Con questo quadro di riferimento guardiamo ora all’Italia. Il nostro Paese era soggetto al melodramma, che sino agli anni precedenti era stato al servizio dell’idea di Unità Nazionale ma, con Turandot di Puccini, muore. Da quel momento possiamo dire che non c’è più nulla, solo epigoni. Con questo quadro di riferimento ci spostiamo in Italia e abbiamo due autori che in questo concerto della OLeS sono protagonisti: Fiume e Gervasio”.
Orazio Fiume e Raffaele Gervasio sono pressocchè contemporanei, uno nasce nel 1908, l’altro nel 1910.Che relazione hanno con le premesse appena illustrate?
“Questi due autori si trovano, nel secondo dopo guerra, di fronte a queste due grandi correnti e al melodramma in crisi. Hanno presente in particolare la corrente che ha come riferimento Stravinsky e che si sposa con quel realismo socialista che in quel momento storico riscuote molto interesse. Fiume e Gervasio non hanno scelto la strada del musicista intellettuale non in contatto con il pubblico. Una suggestione che viene anche dall’Unione Sovietica, allora era questo il nome, è la stretta connessione con le tradizioni popolari cui gli stessi Chačaturjan, Prokofiev sono obbligati ad attingere ma, pur considerando queste tendenze, Fiume e Gervasi conservano una forma colta di costruzione musicale”.
Gervasio è noto anche per il grande lavoro fatto a beneficio dei mezzi di comunicazione del novecento, radio e televisione…
“Esatto. Gervasio è stato tra i musicisti più importanti che hanno caratterizzato con la loro musica programmi noti al grande pubblico. Per tutti cito “Carosello”, ma ha firmato le colonne sonore di moltissimi programmi. E si è trattato di musica comunque “colta” , nel senso che non ha rinunciato alla sapienza della scrittura formale. Gervasio ha avuto la prerogativa di utilizzare anche semplici elementi melodici e ritmi mescolati con il popolare per ottenere a prodotti elaborati di grande interesse”.
La prima parte del concerto è dedicata a loro, nella seconda Maestro ci si sposta ancora in avanti nel tempo, arriviamo ai nostri giorni.
“Sì, ma di fatto non lasciamo questi due maestri. Loro hanno lasciato in Puglia una grande eredità di allievi, in particolare Gervasio è stato un grande didatta. Noi tutti siamo figli di questo filone molto attento all’idea della musica come comunicazione. Mentre la scuola milanese è andata verso l’astrattismo totale, il formalismo puro, noi siamo rimasti legati alla facilità della comprensione. Pur all’interno della dissoluzione del linguaggio tonale, di cui abbiamo detto all’inizio, è chiaro il tentativo di rientrare nel filone della comunicazione. Tutti gli autori che saranno eseguiti nella seconda parte sono allievi di Gervasio, me compreso. Non è superfluo sottolineare che Rota, direttore del Conservatorio aveva costruito una scuola di pensiero…”
Maestro lei è violoncellista, autore e direttore d’orchestra. E’ la prima direzione della OLeS ma non è la prima volta a Lecce
“No, ho suonato giovanissimo, nel periodo in cui il maestro Vitale costruiva qui a Lecce il nucleo di una orchestra che doveva essere il riferimento del Territorio. Era quello il presupposto della OLeS che è quindi più che accreditata per continuare in questa missione che secondo me svolge egregiamente”
Parliamo dei giovani solisti…
“Sono giovanissimi e bravissimi. Hanno un futuro davanti e sono certo che lo riempiranno di grandi esecuzioni”
(Testo raccolto a cura di ComunicazioneOles)